Cominciano i primi disordini in tutta europa.

L’assalto alle università a Roma, il maggio francese, i picchetti presso la Fiat di Torino da parte di gruppi di studenti e operai (le donne cominciano a seguire i movimenti contestatari nelle piazze). Gli operai del Petrolchimico iniziano a rifiutare sistemi autoritari e despotici: l’obbligo di straordinario imposto (anche 16 ora al giorno) – (...ricordo come mio padre, quando capitava, doveva sostituire il collega che non si era presentato al turno successivo; 2 turni consecutivi obbligatori...).

 

Ma è a Valdagno che il malessere si trasforma in rivoluzione. Valdagno, città creata dai Marzotto per gli operai del tessile. Il malessere relativo allo sfruttamento è talmente alto che sfocia in una sommossa popolare: 5 mila persone assaltano le fabbriche, bruciano (bruciano e non rubano) un intero deposito laniero, assaltano residenze e buttano giù la statua in bronzo del conte Marzotto. Valdagno viene presidiata da migliaia di agenti. Nelle grandi città Valdagno viene presa come esempio e Venezia non è esclusa.

 

Sebbene i mass media tendano a sopprimere le notizie, tutta l’Italia è in uno stato di ribellione prodotto dalla prevalenza degli interessi di pochi che provoca il malessere di molti. Il settimanale diocesano di Padova riporta “…è stata una autentica rivoluzione che ha gettato l’ombra del terrorismo in un paese che fino a ieri era vissuto nella tipica quiete veneta…”: non malessere, non sfruttamento, non esasperazione ma terrorismo.

Anche all’interno della chiesa c’è movimento. Don Enzo Mazzi viene “criticato” dalla chiesa; nascono i preti operai. La chiesa si schiera contro i movimenti “rivoluzionari” e li condanna.

Al Petrolchimico, gli scioperanti non sono uniti. Operai di aziende satellite  e i crumiri non aderiscono alla lotta dei compagni del Cvm. Tra i lavoratori vi è uno spaccato a cui il sindacato non prende posizione.

Allo sciopero del 27 giugno l’adesione è del 90%. Il modo di condurre la lotta contro il padrone si divide tra Potere Operaio che vuole l’occupazione delle fabbriche contro quella del sindacato che vuole dialogo con gli imprenditori.

Si arriva per la prima volta a scioperare per 2 gg di seguito il 5 e 6 luglio. Mentre la CGILcombatte, al suo interno si divide fra oltranzisti e moderatori . La UIL firma un accordo con gli industriali avendo solo il 13,7% della rappresentatività operaia.

Il 25 luglio è scontro tra operai scioperanti e operai crumiri; viene picchettato l’accesso alla fabbrica e vi sono scontri con la celere. Comincia il dialogo tra operai e poliziotti. Nonostante si sia ricorso anche al presidio coatto per il mantenimento minimo di sicurezza dell’impianto da parte della Prefettura, si arriva comunque alla serrata del Petrolchimico il 31 luglio.

Il 1° agosto, 10 mila operai manifestano a Mestre e si mescolano ad altrettanti studenti; parte del corteo, non più controllabile, occupa la stazione di Mestre.

È la falsa notizia di un accordo raggiunto che fa aprire i cancelli ad un fiume di operai; segue un accordo con la dirigenza per l’incremento del premio di produzione scaglionato nel tempo.

È nel  mondo universitario che si continua ad inneggiare a movimenti estremi e filocomunisti.

Ad Avola, durante uno scontro tra scioperanti e forze dell’ordine, 2 braccianti muoiono per colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia. Manifestazioni di condanna vengono espresse in tutta Italia anche attraverso scioperi. Nasce lo sciopero politico.

L’11 febbraio 1969 la polizia irrompe nell’Itis Pacinotti e carica gli studenti.

Battipaglia, l’intera città scende in piazza e protesta: 2 morti e 200 feriti negli scontri con la polizia. Si continua a chiedere il disarmo della polizia in tutta Italia.

Potere Operaio esce dalla CGIL, accusando il sindacato di essere troppo vago e distratto nell’affrontare le questioni. Una lettera unitaria del sindacato viene inviata alla dirigenza e chiede che non vengano prese in considerazione richieste se non effettuate espressamente da loro.

 

Nell’università di Trento nasce (da Marco Boato, Renato Curcio, Mauro Rostagno e Margherita Cacol), la prima forma organizzata di Lotta continua. Critica apertamente Potere operaio e Movimento studentesco. La componente extraparlamentare si riconosce in lotte dure e contro ogni forma organizzazione istituzionale; disconosce ogni forma di disuguaglianza ed usa una dialettica volgare. Individua nell’operaio il soggetto passivo e ignorante nella catena economica ed industriale del paese. Contesta l’apparato istituzionale volto alla realizzazione del disegno formato da sindacato, politica e padroni. Disapprova i metodi sibillini utilizzati dai padroni per spaccare il fronte unico operaio, creare divisioni interne, innescare rivalità tra reparti.

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