Nel 1970, Renato Curcio ed altri, cominciano ad organizzare le Brigate Rosse. In base alla convinzione che non vi sia lotta senza violenza, l’obiettivo dovrà essere raggiunto anche con l’uso della forza.
Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, viene rapito il 3 marzo 1972. Marghera operaia, sul volume n. 5 del 14 marzo 1972, pubblica una foto del sequestrato con la pistola alla tempia. Manifesti slogan Brigate rosse: “colpiscine 1 per educarne 100” appaiono in più punti della città. Il 28 giugno 1973, viene rapito, malmenato e rilasciato il dirigente dell’Alfa Romeo, Michele Mincuzzi. Il 10 dicembre è la volta del dirigente Fiat Ettore Amerio. Viene ferito, all’Alfa Romeo di Arese, il dirigente Pietro Dall’Era.
Durante le manifestazioni viene legittimato l’uso della forza da entrambi le parti. Durante una manifestazione viene ammazzato il brigadiere Antonio Custrà.
Il 16 marzo 1978 le Br rapiscono Aldo Moro ed uccidono i 5 componenti della scorta. Sciopero generale in tutta la città e manifestazione in piazza Ferretto. Anche Marco Boato, compagno di classe di Renato Curcio, chiede la liberazione dello statista. Il 9 maggio il corpo senza vita del leader della DC viene trovato privo di vita.
Sebbene tutti al Petrolchimico non riconoscano l’utilità della violenza per la lotta operaia, all’interno della fabbrica iniziano i primi fermi da parte della polizia. Lotta continua esce con un volantino che recita: “né con lo Stato, né con le Br”. A Genova, Guido Rossa, operaio dell’Italsider, denuncia un compagno di lavoro mentre distribuisce volantini delle Br; le Br uccidono Guido Rossa 24 gennaio 1979; se prima le Br venivano viste come la mano armata nei confronti dei padroni e contro lo Stato, ora le Br sono contro gli operai.
A seguito di una decisione del comitato delle Br, vengono introdotte alcune cellule al Petrolchimico già nel ’73, ’74: Nadia Mantovani, Vincenzo Guagliardo, Prospero Gallinari, Corrado Alunni.
Il 4 marzo 1974, 3 Brigatisti irrompono nella sede del Cisnal e portano via la documentazione degli iscritti di “destra” per poi farne dei volantini. A Mestre, in una centralina dell’Enel, viene trovata una stella a 5 punte, simbolo delle Br.
Le Br, per quanti tentativi facciano, non riescono a trovare il collante che leghi gli operai al loro movimento, anzi, gli operai condannano la violenza, i sequestri e le rapine che le Br utilizza per autofinanziarsi.
Il 15 maggio 1975, le Br assaltano la sede della Dc a Mestre.
Susanna Ronconi, esce dalle Br e con l’adesione di alcuni operai fonda “Nuova resistenza” e “Brigata Ferretto”.
Un documento emesso dalla sede centrale della Montedison e indirizzato alle fabbriche di Mantova, Brindisi, Priolo, Terni e Porto Torres, intitolato “Note sulla formulazione del budget di manutenzione per gli anni 1978-1980” riporta: “bisogna correre dei ragionevoli rischi: non ha senso infatti affrontare oggi perdite di produzione e costi sicuri per evitare possibili conseguenze in futuro se non si è accuratamente verificato che la loro gravità e la probabilità che si verifichino siano tali da non lasciar dubbi”. Il documento, ignorato dal sindacato, viene preso dalle Br come fattore scatenante contro la classe dirigente. Più e più volte, questo testo, viene pubblicato nei volantini come giustificazione degli attentati.
Nel veneziano, le Br si dissociano da Curcio e creano i Comitati comunisti rivoluzionari, le Unità comuniste combattenti e Prima linea. Escono con documenti che individuano come responsabili della situazione operaia, i dirigenti della Montedison. I primi attentati iniziano nel 1978 e vengono firmati da Nap, Prima Linea, Nucleo combattente per il comunismo, Partito comunista combattente, Proletari comunisti organizzati, Gruppi combattenti per il lenilismo, Ronde armate per la giustizia proletaria, Formazione operaia comunista.
La dirigenza della Montedison viene individuata come responsabile dei tanti e troppi sbagli commessi ai danni degli operai. Le Br si ergono a giudice e, tramite comunicati, avvisano che vi sono stati processi contro la dirigenza e che presto verrà eseguita la sentenza. Nel 1978, cominciano i primi attentati ai dirigenti:
- In via Gioberti 5 a Mestre, viene fatta esplodere una bomba carta davanti alla palazzina di Gaiba Sauro;
- Viene bruciata l’auto del capo reparto Alfio Pulga;
- Un petardo scoppia sul poggiolo di case del direttore del Petrolchimico, Giorgio Checchi;
- Il capo reparto Luciano Strizzolo, viene legato e imbavagliato;
- Un attentato va a vuoto contro il dirigente Giuseppe Taliercio;
- Viene fatto oggetto di minacce il capo sei servizi di sicurezza Barbatito;
- Tra il 1978 e il 1979 vendono fatti numerosi attentati presso le sedi della DC, del Psi, delle Acli, di alcune caserme dei Carabinieri e di alcuni magistrati veneziani;
- Il 1° maggio 1979, ventisette atti di violenza scuotono paesi del veneziano e del trevigiano;
- Viene “gambizzato” Franco Pilla, presidente della Cassa di Risparmio di Venezia.
Nel settembre 1979, un carico di armi proveniente dal medio oriente, viene scaricato da Mario Moretti e Stefano Galletta a Passo Campalto; alcune vengono distribuite ma il grosso viene nascosto sul Montello, in provincia di Treviso.
Dal Consiglio di Fabbrica del Petrolchimico, nel dicembre del 1979, esce un comunicato che denuncia il modo orribile e barbarico di condurre i metodi di contestazione in tutta Italia, da parte delle Br.
Il 7 aprile 1979, grazie alle confessioni di Carlo Fioroni, il giudice Calogero fa arrestare e manda in galera i più alti rappresentanti di Potere Operaio. Vengono processati per direttissima anche chi non ha nulla a che fare con vicende del terrorismo. Pubblicazioni come Lavoro Zero, vengono definite dalla magistratura come istigatrici delle bande armate. I proprietari della ditta Sap di Padova, dove si stampano i giornali, vengono arrestati. Anche il direttore di Radio Sherwood viene arrestato come istigatore. Arrestato e condannato anche Gianni Sbrogiò; per partecipare al funerale del padre, viene ammanettato e scortato dai carabinieri. Vengono arrestati e condannati anche Toni Negri, Emilio Vesce, Renato Curcio e Oreste Scalzone.
Il 22 marzo 1979, una fuoriuscita di acido fluoridrico uccide 3 persone. Nadia Ponti, Vincenzo Gagliardo e Vittorio Oliviero – quest’ultimo di Campalto, incensurato – individuano come responsabile della morte dei 3 operai Sergio Gori, vicedirettore del Petrolchimico, persona abitudinaria e molto vulnerabile. Il 28 gennaio 1980, a Mestre in viale Garibaldi, Oliviero spara 5 colpi più uno alla nucca a Sergio Gori. Dopo un giro tortuoso per le strade di Mestre, Oliviero lascia la macchina, prende il bus e si reca al lavoro presso il Comune di Venezia come tutti i giorni. Alle 9.20, l’attentato viene rivendicato dalle Br. 20mila persone scendono in piazza per manifestare il proprio sdegno contro la violenza.
Vengono prese misure precauzionali a protezione di chi riveste incarichi di responsabilità.
Vengono diffusi, a mezzo di comunicati, documenti interni della fabbrica, e non solo della sede veneziana; sembra che le Br conoscano tutto quello che avviene in fabbrica.
L’8 febbraio 1980, al Capannone del Petrolchimico arriva il presidente della Repubblica Sandro Pertini e dice: “Io considero il Quirinale non come un posto in cui si debba oziare ma come avamposto nella lotta al terrorismo”. Finito il discorso, si reca con gli operai a mangiare alla mensa.
Il 9 marzo 1980, nuovi attentati colpiscono il Veneto.
Il 12 maggio 1980 le Br attentano alla vita di Alfredo Albanese; i brigatisti, Oliviero, Ponti, Fasoli, Marina Bono e Michele Galati, ritengono che il commissario sia sulle loro tracce. Alle 8 e 30 la Bono scarica l’intero caricatore contro il dirigente della Digos e lo uccide.
Nel dicembre 1980 Vincenzo Guagliardo e Nadia Ponti vengono arrestati. Le Br venete reclutano altri soggetti dal vicino Friuli. Altri ancora, creduloni e ingenui, entrano nelle Br con ruoli marginali (Francesco Busacca, Roberto Vezzà, Pierina Scaramuzza).