Da maggio ad agosto 1970, gli operai delle imprese d’appalto hanno collezionato 200 ore di scioperi; non hanno i vantaggi e i benefici dei loro colleghi assunti alla Montedison. Chiedono l’adeguamento salariale, un migliore trattamento nel luogo di lavoro, il blocco degli straordinari, l’eliminazione del “fuori busta” e il passaggio alla ditta appaltatrice nel caso di lavoro continuo.
Esasperati dalle continue promesse del sindacato, il 2 agosto, centinaia di operai della Electron (ditta controllata dalla Montedison) bloccano il cavalcavia mentre altri bloccano la stazione di Mestre. Agli operai delle ditte appaltatrici si aggiungono gli operai della Chatillon, dell’Italsider, quelli delle Leghe Leggere, poi l’Azotati ed infine quelli “rossi” della Sava. Quasi tutto il Petrolchimico scende in piazza; tutto tranne i dipendenti della Montedison . Da Padova arriva la celere che carica i dimostranti con lacrimogeni e idranti. Barricate vengono erette sul cavalcavia, alla Colombara, davanti alle fabbriche.
Una notizia di un “ipotetico” morto negli scontri con la polizia scatena i dimostranti; dal quartiere di Ca’ Emiliani partono i tumulti che coinvolgono anche il centro urbano di Marghera. La popolazione scende a fianco degli operai. Uomini, donne e bambini manifestano contro la polizia; la polizia carica i manifestanti. La “celere”, famosa per i suoi metodi violenti, picchia a destra e a manca, senza distinzione. Moltissimi finiscono all’ospedale. Dalle fabbriche escono le macchine movimentatrici che bloccano i rinforzi della polizia.
Il sindacato, non invita i dipendenti della Montedison a partecipare alla dimostrazione del colleghi. Molti di loro, osservano gli scontri dalla mensa aziendale. Alla sera, però, mentre escono dalla fabbrica, vengono fatti oggetto di insulti e spintoni. Il cameratismo, l’unione di gruppo ed il coinvolgimento sono venuti meno.
Il giorno seguente, grazie ad una massiccia presenza di picchettaggio ai cancelli, anche la Montedison chiude. Alle nove, ricominciano gli scontri con la polizia. Marghera è in uno stato d’assedio. Ambulanze si susseguono per portare i feriti all’ospedale. Più volte la polizia viene accerchiata dalla popolazione che si è fatta ancor più numerosa del giorno precedente. Da scontro si passa a guerriglia e la polizia si trova impreparata per affrontare una simile situazione. Una jeep cerca di sfondare la linea dei manifestanti; vengono feriti alcuni civili; la folla accerchia la jeep e pesta a sangue i militari; altri militari sparano ad altezza uomo e feriscono 3 dimostranti; alcuni automezzi vengono dati alle fiamme; la polizia risponde perquisendo le case in cerca dei fuggiaschi, manganella anche chi non centra nulla. Viene catturato un agente; nel tentativo di riconsegnarlo, alcuni dimostranti vengono feriti. La folla assalta i mezzi della polizia e spacca i calci dei fucili. Alle 13, mentre la polizia batte in ritirata, Marghera intera canta “bandiera rossa”. Ma Marghera è divenuta una zona di guerra; pneumatici e jeep “catturate” che ancora bruciano, alberi e indicazioni stradali divelti, le strade ingombre di tutto. Blocchi di cemento, camion, tubi, tutto quello che può servire per una barricata viene scaricato su via Fratelli Bandiera.
Solo l’indomani, viene proclamato uno sciopero di solidarietà da parte del sindacato che denuncia la polizia per aver sparato contro gli operai in sciopero. Un volantino del Consiglio di Fabbrica mette in guardia gli operai da quello che è il connubio politica - sindacato. Il nuovo corteo si muove fino piazza Ferretto, mentre gli aderenti a Lotta continua e Potere operaio danno fuoco ad una catasta di traversine in stazione a Mestre. Michele Boato e Mario Capanna presidiano le barricate con spranghe di ferro e bottiglie molotov.
È solo alla sera che viene firmato l’accordo sulle ditte appaltatrici; vengono riconosciuti tutti i punti richiesti. I dimostranti sfollano e la polizia rientra nella città. Vengono rimossi i blocchi e a Marghera torna la normalità.
Il giorno seguente c’è la corsa per accaparrarsi il merito dell’avvenuto contratto: sindacato, Potere operaio, Lotta continua. Ma una cosa è certa: se non fosse stato per la gente di Marghera che ha sorretto la manifestazione, forse le cose non sarebbero andate così.